The digital world by Roberto Esposito

Il punto di riferimento per strategia digitale e comunicazione sui social media.

L’hanno chiamato un po’ in tutti i modi, di quelli che si usano per definire qualcosa di eccezionale: fenomeno, guru, genio, re di Facebook. Qualunque fosse l’appellativo, corredava un passaparola che ha corso veloce tra ambienti molto diversi tra loro, in oltre dieci anni in cui Roberto Esposito si è affermato come uno dei punti di riferimento in ambito di strategia digitale e comunicazione sui social media.

Come è iniziata questa storia?

Potrei romanzare e ammettere che avevo la classica fucina di idee: una camera da universitario e intere notti dedicate a trasformarle in qualcosa di concreto. La prima tappa è stata un blog seguito da circa 160mila utenti al giorno, quando il web era una cosa da nerd e le anime online si potevano contare. Poi sono arrivati i social media e ho capito immediatamente che non soltanto avrebbero cambiato ogni paradigma valido fino a quel momento, ma che erano e sarebbero stati un mezzo potentissimo per connettere, comunicare, richiamare l’attenzione delle persone e aggregarle intorno ad azioni o pensieri. Così ho pensato di realizzare un Guinness World Record: io ragiono per sfide, per me, più è difficile più è facile. Ci ho lavorato tre mesi con una strategia pensata appositamente. In poco tempo fui al centro dell’attenzione: mi chiamò Greenpeace per un’impresa analoga e America’s Cup World Series per risollevare entusiasmo intorno alla competizione. Raggiungemmo quasi due milioni di persone in occasione delle regate in Italia.

Sei un animatore di popolo, anzi, di community.

Diciamo che avrei potuto esserlo, ma ho scelto di non investire su di me e di creare, invece, qualcosa che fosse di valore per gli altri. A un passo dalla laurea in ingegneria aerospaziale, ho messo la tesi nel cassetto per fondare una startup: al bivio tra influencer e imprenditore ho scelto la seconda. DeRev è nata come piattaforma di crowdfunding, perché raccogliere fondi non significa altro che chiamare a raccolta molte persone intorno a un progetto. Una naturale estensione del Guinness. Poi, ho preso di petto i social media, razionalizzando le intuizioni in procedure, e oggi siamo una delle digital boutique più affidabili per i brand, le istituzioni e le aziende che cercano un interlocutore unico, capace di tenere le fila di operazioni spesso composite, gestite su più canali ed estremamente connesse alle logiche che le guidano, tanto in termini commerciali, quanto in termini di valori.

A proposito di valori, si dice che tu ci tenga molto.

È vero. Ho 37 anni e appartengo a quella che vorrei fosse una generazione di imprenditoria umana ed etica. Ho voluto fortemente che DeRev si dotasse di un manifesto che affermasse il valore ad un livello personale, oltre che professionale. Rifiutiamo di lavorare con chi ammette disuguaglianze perché non vogliamo amplificare tendenze o modalità che inquinino l’ecosistema digitale: “il nostro lavoro, dentro e fuori DeRev, è fatto di relazioni costruite sul rispetto delle opinioni, della sensibilità e dell’unicità di ogni individuo”. Applico questo schema anche nei confronti dei dipendenti: voglio che stiano bene, che si sentano apprezzati e stimolati. Come ho detto, mi piacciono le sfide, ma imporre pressione e generare un clima di stress perenne, per me, non significa alzare l’asticella perché producano di più, ma una vera e propria mancanza di rispetto.

Crowdfunding, social media, ora anche metaverso. Le tue scelte predicono l’affermazione della realtà virtuale?

Ho lanciato Alterside nel mese di giugno, una Metaverse Agency che replica il modello delle agenzie digitali e lo applica al mondo virtuale. In questi anni ho osservato con attenzione un susseguirsi forsennato di idee di innovazione e tentativi globali, tipico di un settore che, quando si trasforma, lo fa alla velocità della luce. Quando è tornata la visione del metaverso, perché non è certo la prima volta, non ho avuto dubbi. Esattamente come accaduto con i social media, cambieranno ancora i paradigmi, aggiungendo una terza dimensione in cui utente e aziende dovranno posizionarsi con una propria identità. Esserci da subito determinerà la capacità di essere un trend-setter o un trend-follower. A ciascuno di noi la scelta.

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