Gian Paolo Venier: La Complicata Semplicità del Design

Intervistare Gian Paolo Venier non é semplice. Bisogna riuscire a fermare almeno per un attimo il suo dinamismo, il suo continuo viaggiare, il suo perenne movimento. Quando questo riesce, però, si rimane affascinati dalla deliziosa leggerezza e dalla profonda gentilezza dei suoi gesti e dei suoi modi, leggerezza e gentilezza che ritroviamo anche nelle sue scenografie, nel suo design, nei suoi progetti di architettura.
Gian Paolo Venier_Photo Andrew Habeck
Gian Paolo Venier_Photo © Andrew Habeck

Intervistare Gian Paolo Venier non é semplice. Bisogna riuscire a fermare almeno per un attimo il suo dinamismo, il suo continuo viaggiare, il suo perenne movimento.

Quando questo riesce, però, si rimane affascinati dalla deliziosa leggerezza e dalla profonda gentilezza dei suoi gesti e dei suoi modi, leggerezza e gentilezza che ritroviamo anche nelle sue scenografie, nel suo design, nei suoi progetti di architettura.

Gian Paolo Venier by Robert Holden
Gian Paolo Venier by Robert Holden

Ma quale di queste costituisce l’anima più profonda e intima di Gianpaolo?

Sono stato iniziato all’arte e al bello da mio zio a soli 8 anni – ci risponde Gianpaolo- sono rimasto affascinato dalla sua curiosità e dalle sue capacità. Prima ancora di iscrivermi ad Architettura avevo già iniziato a collaborare con uno scenografo teatrale, disegnavo costumi e scenografie per un teatro cittadino.

Ricordo ancora il debutto, uno spettacolo per bambini: “Una rosa non è solo una rosa”, rilettura di “La Bella e la bestia” ripensandoci ora mi chiedo se in questo inizio non fosse già
disegnato il mio futuro.

Allestire casa è un po’ come allestire un palcoscenico no? Il design di interni era scritto nel destino? Chissà?
La realtà é che io non riesco a smettere di sperimentare nuove modalità.
Ricordo che durante la mia prima lezione all’Università il professore ci disse: Dovete sperimentare tutto, Non si può disegnare qualcosa senza averlo conosciuto. Al momento forse non abbiamo capito veramente cosa questo significasse, ma credo che le parole di quel professore mi abbiano sempre guidato.

Molti e fondamentali sono stati per me gli incontri fortunati. Come quello con la designer Paola Navone; lavoriamo insieme da anni, su molti progetti diversi. Con Paola abbiamo molte passioni comuni: la cucina, il piacere di apparecchiare la tavola, invitare e sperimentare ricette nuove; la passione per il vintage, che influenza sicuramente il
nostro gusto anche professionale e la curiosità per gli oggetti trovati in giro per il mondo.

Poi ci sono i viaggi…
Gli amici mi prendono in giro perché dicono che sono un nomade, dalle mille vite possibili, in mille Paesi. In questo momento vivo a Milano, ma sono nato a Trieste. Mia nonna gestiva un hotel in piazza della Repubblica, la piazza principale di Muggia, un piccolo
comune di identità veneziana vicino Trieste. Si racconta di una mia prima fuga di casa a nemmeno un anno di età: mi hanno ritrovato in piazza che gattonavo perché ancora non sapevo camminare. Da allora sono tante le città e i Paesi che mi hanno attratto, come un
magnete: Londra scoperta a quindici anni (tornai a casa solo perché avevo finito i soldi); New York, dove ho vissuto on/off per tre anni; Milano, ovviamente. Ma adesso anche la Grecia, dove ho molte collaborazioni e progetti.

Amo viaggiare e ovunque io vada mi piace scoprire oggetti, artigiani, materiali, lavorazioni… Il mio cahier de voyage sono gli oggetti che porto a casa, che serviranno poi di ispirazione per il mio lavoro.

Cayo Elounda Gian Paolo Venier

L’interior e il product design sono il prodotto di quello che ho incontrato, scoperto e imparato dai miei viaggi. Questo é senza dubbio l’aspetto che amo maggiormente del mio lavoro: entrare in contatto con le persone, condividerne i pensieri, le emozioni, persino
il cibo! Credo che il design sia intimamente connesso al mio amore per gli esseri umani.

Cayo Elounda Gian Paolo Venier

Arriviamo al tuo ultimo progetto proprio in Grecia, sull’isola di Creta.
Si chiama Cayo Resort& Spa.

Quando mi é stato presentato il progetto ero elettrizzato per vari motivi: si trattava di qualcosa di stimolante ma nello stesso tempo molto sfidante. Si trattava di un progetto di grandi dimensioni, estremamente diversificato, dove ogni singola stanza é diversa
dall’altra, in un quadro di sostenibilità ambientale.

Ciliegina sulla torta, il fatto di trovarsi in Grecia! un paese di cui amo tutto! le tradizioni, lo stile di vita, i colori… persino il meltemi, il vento che tanti trovano fastidioso! In Grecia io mi sento a casa. Di solito, prima di accettare un incarico, fisso degli incontri per comprendere il contesto del progetto.

In questo caso l’incontro è stato subito interessante… un vero colpo di fulmine!

Il paesaggio che circonda il resort gioca un ruolo determinante in questo progetto. Come hai lavorato perché il design degli interni dialogasse con esso?

Normalmente tutti i miei progetti dialogano con l’identità e le tradizioni nelle quali nascono. Questo legame diventa il filo conduttore della narrazione. Nel caso di Cayo, il paesaggio era talmente potente che sarebbe stato impossibile, anche volendo, non tenerne conto. A
cominciare dai colori degli esterni, in coerenza con la natura circostante, alle finiture, abbiamo cercato una transizione morbida tra la natura e l’ architettura, tutto é sussurrato, suggerito, il design non deve sovrastare.

Abbiamo deciso di usare l’acciottolato, tradizionalmente utilizzato in Grecia per le pavimentazioni dei sagrati delle Chiese o delle vecchie piazze, come elemento ludico alle pareti.

Cayo Elounda Gian Paolo Venier
Abbiamo dato fondo alle tradizioni rinnovandole, abbiamo utilizzato lo stesso metodo per tutti i materiali utilizzati con un filo conduttore: tutto in Cayo parla di rispetto per la natura.

Cayo Elounda Gian Paolo Venier

Tutte le stanze si affacciano sul mare e sulla sagoma dell’isola di Spinalonga. Durante l’estate la luce abbacinante di Creta viene accolta e supportata dai colori degli interni di un leggerissimo pastello, per non sovraccaricare lo sguardo, ma allo stesso tempo per
sottolineare il panorama.
Sono estremamente orgoglioso e fiero di aver curato ogni dettaglio di questo resort.

Cayo Elounda Gian Paolo Venier

A quale target di clientela ti sei rivolto?

Ho pensato a persone che come me amano l’esperienza del viaggio come esperienza di vita. Persone che non cercano un resort di lusso per una semplice vacanza, ma un luogo dove vivere comodamente e in modo rilassato, con ampi spazi destinati ad un turismo di qualità, attento ai dettagli, al buon cibo e al rispetto innanzitutto della natura e poi della propria privacy.

In altre parole un luogo dove la natura sia protagonista e il design serva da supporto.

Se dovessi scegliere un solo elemento di design per riassumere il concetto di CAYO, quale sceglieresti?

Considera che quasi tutti i mobili e gli elementi di arredo che troviamo a Cayo sono stati progettati espressamente per il resort, tuttavia forse gli chandelier che si trovano sulla scalinata principale riassumono il concetto di Cayo meglio di altri.

Cayo Elounda Gian Paolo Venier

Sono delle gabbie di bambù con centinaia di farfalle di alluminio martellato.
Le farfalle, tuttavia, sono fuori dalla gabbia e non rinchiuse in essa.

Il messaggio rivolto agli ospiti é chiaro: siate liberi come queste farfalle!

Ti definiresti un sostenitore del minimalismo nel design?

Tutto dipende da cosa si intende per minimalismo. Non amo gli eccessi e credo che il design debba tenere in considerazione la necessità di trovare comodità e piacevolezza nelle
cose, introdurre anche qualcosa ‘a contrasto’, a volte non guasta. Direi che l’aggettivo che meglio esprime questo concetto sia semplice. Io disegno oggetti e ambienti semplici!

Ma parliamo dei progetti futuri, professionali e non…

Un progetto a cui tengo particolarmente, è il Glamping Mediterraneo.
Con Paola Navone abbiamo disegnato tende extralarge in tessuto per il mondo dell’hospitality, presentate l’autunno scorso insieme ad arredi in/out: perché il vero lusso oggi è vivere open air, a contatto con la natura.

La mia città natale mi ha insegnato questo amore e questo contatto con la natura. A Trieste non é inusuale uscire in barca, magari approfittando della pausa pranzo, o fare gite in bicicletta sul Carso a raccogliere gli asparagi selvatici.
Ecco, ciò che di Trieste mi manca di più é sicuramente il mare, poter accarezzare il mare con lo sguardo.
Forse anche per questo mi piace così tanto lavorare in Grecia. Sono innamorato della vita nelle isole greche, dove torno ogni estate. Un giorno, forse, chissà…[:]

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