Correva l’anno 1972.
Avevo già osservato, insegnando per brevi periodi nelle scuole, che poco era cambiato dalla mia infanzia riguardo agli strumenti espressivi messi a disposizione dei bambini.
Disegnai così una scatola, attribuendole dimensioni di 1,50 x 1,50 x 0,30 metri, contenente 22 pezzi bianchi, rossi, blu e gialli, i cui lati modulari permettevano infinite composizioni in ogni direzione spaziale. Il gioco consiste nella macroscopizzazione delle vecchie scatole di giochi di costruzione in legno per bambini. Con il cambio di scala e l’uso del poliuretano verniciato, il gioco diventa strumento per costruire spazi a dimensione del bambino. Questo significa fornirgli un ulteriore strumento di espressione e di comunicazione, permettergli di manipolare il proprio spazio a seconda delle sue esigenze di gioco e di apprendimento. L’astrazione geometrica dei singoli elementi, pur nella loro suggestione formale, permette infinite possibilità di uso e interpretazioni simboliche, diventando così stimolo alla fantasia. La dimensione permette al bambino di vivere gli spazi e gli ambienti che costruisce, anziché contemplarli dall’esterno. Il bambino può costruire la sua cosa, i suoi oggetti, e intessere relazioni sociali con altri nella fase sia creativa che costruttiva, che dell’uso del gioco stesso. Il materiale, morbido ma consistente, permette un gioco in libertà, anche aggressivo, e un uso organizzato delle diverse parti. È leggero, facile al trasporto, per costruzioni senza l’ausilio d’adulti, ma con studiata fatica.
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