Il nuovo codice luxury viaggia in digitale

La rivoluzione digitale si muove allo stesso ritmo incessante del Web, in continua evoluzione in dimensioni reali e virtuali: Internet è ormai parte del tessuto connettivo della nostra società ed è quasi diventato parte integrante della vita quotidiana dei suoi utenti.

Tale mentalità non è affatto una prerogativa della generazione del Millennio. E questo è perfettamente chiaro per i marchi di lusso che, dopo aver attraversato i tempi duri della crisi economica, non hanno alcuna intenzione di perdere la loro posizione predominante nella mente di un consumatore sempre più volubile, costantemente alla ricerca di novità e offerte.

Un consumatore che non si accontenta di ascoltare solo, ma vuole far sentire la sua voce e può autonomamente toccare diverse fonti di informazione: questa è la vera pietra angolare della rivoluzione 2.0. Per dirlo con le parole di Susy Menkes, nota giornalista dell’International Herald Tribune, i metodi di comunicazione della moda hanno radicalmente cambiato l’approccio. E, che ci piaccia o no, c’è un biglietto di sola andata verso su strada.

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L’appuntamento con l’era digitale, che i marchi di lusso hanno evitato a tutti i costi fino a poco tempo fa, per il rischio che la loro immagine avrebbe potuto subire dal Web, è ormai diventato un passaggio obbligato, non una scelta. Il Web e l’esclusività sono per definizione agli antipodi e un sostanziale rischio esiste di perdere la propria identità; una nuova dimensione con cui il lusso ha dovuto fare i conti, reinventandosi in un mondo fatto di poli opposti, pur mantenendo il proprio DNA.

I nomi di spicco non hanno perso tempo a farlo: Louis Vuitton e Burberry con le loro campagne online, Gucci con il suo primo negozio on-line nel 2002, Chanel con contenuti simili a quelli di una media company.

Tutti hanno una cosa in comune: hanno imparato e incorporato il nuovo codice di comunicazione. Come? In primo luogo, offrendo contenuti da dare alla gente e qualcosa di cui parlare, aprendo la strada ad un dialogo senza precedenti con il consumatore, in cui questi è un protagonista assoluto, tanto da diventare un portavoce del marchio alla pari con le testimonianze più acclamate, con la differenza di parlare di identificazione col brand.

Oggi è possibile visualizzare le sfilate di moda – prima ritrovo privilegiato di alto rango per buyer e membri della stampa – scaricando un App sul proprio smartphone; in termini di dialogo, alcuni ne hanno fatto una esperienza per la personalizzazione e, per quanto riguarda le vendite, alcune case di moda offrono anche la possibilità di fare acquisti online non appena si spengono le luci delle sfilate.

Interagire con i clienti – lo spettro dei social network, in primis Facebook, Twitter e Linkedin, costituiscono un nesso ineludibile per l’attuazione di un dialogo, per essere sempre più integrati con le vendite in futuro – questo porterà gradualmente a una personalizzazione del prodotto, che deve essere personalizzato anche se è acquistato sul web. Inoltre, un sondaggio descritto in The Wealth Report del Wall Street Journal, una sorta di bibbia per quanto riguarda i modelli di consumo dei ricchi, ha rivelato che il 94% degli intervistati credono fermamente che l’acquisto di beni di lusso on-line non tolga nulla al valore di marca . Ciò che conta di più è che il servizio sia impeccabile e che il negozio on-line arrivi fino allo stesso livello della sua controparte fisica in termini di offerta di servizi, in modo da trarre evidenti vantaggi quali i tempi non-stop e un assortimento di prodotti.

L’aumento delle vendite è un obiettivo tangibile, anche quando la vetrina è virtuale. Speriamo che l’essenza del lusso rimanga intatta, anche se costretto a comparire sullo schermo piatto di un dispositivo elettronico.

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