Trentasei anni, svizzero, Roger Federer è il più grande tennista del mondo. Premiato ai Laureus Sports Awards di Montecarlo, gli Oscar dello Sport, Federer è stato dichiarato per la sesta volta “lo sportivo dell’anno” grazie alle sue vittorie del 2017, lo sportivo Laureus più decorato dalla prima edizione del premio nel 2000. Dopo un semestre di ritiro nel 2016, che non gli ha permesso di partecipare a Wimbledon e alle Olimpiadi, è tornato e si è aggiudicato il torneo di Londra per l’ottava volta, insieme agli Open d’Australia.
Non avrebbe senso mettersi a cercare qualcosa di nuovo da dire sul conto di Roger Federer. Nonostante abbia saputo costruirsi, anno dopo anno, partita dopo partita, nuove frontiere apparentemente inarrivabili nel corso di una carriera che ne ha fatto uno degli sportivi più grandi di sempre. E soprattutto uno dei più amati, in maniera trasversale e universale. Come pochi altri o forse addirittura come nessun altro. Oggi Federer è il numero 1 del ranking mondiale, l’icona del tennis maschile, è stato premiato anche con una seconda statuetta, quella dedicata al comeback – il ritorno appunto – dell’anno.
Federer ha vinto su una rosa di autorevoli candidati: il calciatore Cristiano Ronaldo, il mezzofondista Mo Farah, il pilota Lewis Hamilton, il tennista Rafael Nadal, il ciclista Chris Froome.” È un momento molto speciale per me” ha commentato Federer “tornare dopo un difficile 2016 è stata una vera impresa e vincere oggi è memorabile: non mi aspettavo un premio, ancor meno due statuette. Quando ho vinto il mio primo premio Laureus nel 2005, se qualcuno mi avesse detto che avrei finito per vincerne sei, non gli avrei creduto. È stata un’avventura fantastica“.
Di Federer si è detto tutto, ormai, ma il basilese ancora non ha espresso tutto se stesso. È questo se vogliamo il vero prodigio: ammutolire di fronte alla sua grandezza eppure rimanerne estasiati ogni volta di più. Temere il momento in cui dirà basta ma avere una sorta di convinzione che quel momento non arriverà mai. Perché troppe volte si è pensato che il crepuscolo fosse dietro l’angolo eppure ha cercato e trovato nuove occasioni per essere il numero uno. A suon di vittorie: come se l’anagrafe per lui non contasse. Come se l’impossibile per lui non esistesse. Perfezionando un tennis che solo in apparenza evidentemente era già perfetto.
Ma del numero uno al mondo non esalta e non galvanizza solo il suo tennis elegante e raffinato, spettacolare e poetico: piace il suo essere così normale nella grandezza infinita, padre, marito e figlio al tempo stesso. Sembra uno di noi. Mai una polemica, mai un gesto fuori luogo, mai sopra le righe. Per questo il pubblico lo adora e gli avversari lo stimano. Per questo ci si commuove ogni volta, come se fosse la prima volta, vince con naturalezza e facilità e la sua gioia è la gioia di tutti.
Federer evidentemente è nato con il DNA del campione, ma campione lo è poi diventato nell’accezione più nobile del termine attraverso il culto del lavoro e del sacrificio esaltando il talento con l’allenamento, circodandosi delle persone giuste al momento giusto ma soprattutto sempre col piacere di fare quel che fa. Ecco perché la sua favola, diventata mito e calata nell’eternità, è ancora così giovane e attuale. Ecco perché ci ha riempito gli occhi e il cuore. Ed i ricordi non saranno mai ingialliti dal tempo!