Anna Gardu, Arte Effimera

La bellezza nel creare, la passione, il fare differenza attraverso sacrifici gioie e dolori, sono tangibilmente visibili al primo colpo d’occhio sia nei colori che nelle forme dei suoi dolci a base di mandorle, generando effimere opere d’arte nel suo laboratorio ad Oliena.

Nata nel cuore della Sardegna, a Nuoro, una città dove il vento si insidia nelle vene e diventa vita, vita che ha ispirato il capolavoro “ Canne al vento” di Grazia Deledda, nuorese doc e prima donna italiana a vincere il Premio Nobel per la letteratura nel lontano 1926.

Un percorso artistico caratterizzato e valorizzato da importanti riconoscimenti. Puoi elencarne qualcuno in particolare?
Il Premio Alferano consegnato nel 2014 dal Presidente della giuria, il Direttore artistico Prof. Vittorio Sgarbi, che insieme a Santino Carta della fondazione Pio ALFERANI hanno riconosciuto e premiato il mio lavoro come nuova forma di arte effimera.
Nel 2017 sono stata tra i cinque Artisti italiani che hanno rappresentato l’Italia all’interno di una  mostra Internazionale dell’Artigianato Artistico “INTERNATIONAL HOKURIKU KOGEI SUMMIT”.

Sei erede di un laboratorio familiare da ben quattro generazioni, persone fortemente legate nella mente e nel cuore all’amore per un lavoro tutto sardo, mediterraneo, basato sull’identità. Come e a quanti anni è nata la tua passione così tanto innovativa rispetto alle precedenti generazioni?
È nata fin da piccola, ma è diventata cardine delle mie scelte di vita professionale da adulta, quando, dopo aver fatto esperienza con altre professioni, il richiamo della mia terra e delle mie origini ha prevalso su qualunque tipo di carriera.

Nelle tue opere è presente la tua identità sarda come se facessi portavoce nel mondo della bellezza della tua isola. Quanto contano le origini nella tua creatività?
Sono voluta ripartire seguendo il percorso che era stato tracciato da mio bisnonno, Nicola Colli. Fu lui il pioniere dell’arte dolciaria familiare: dopo aver frequentato la Scuola di Pasticceria a Genova, rientrò in Sardegna, sposò la mia bisnonna Maria e per amore si trasferì ad Oliena, suo paese natale, portando la sua Arte dolciaria e creando nuove forme di decori, ispirandosi ai ricami degli abiti tradizionali.
Nasce da qui l’origine delle timballe, nome ispirato dallo stampo in cui venivano realizzate cupole di croccante di mandorle finemente decorate in ghiaccia.
Ai decori del nonno io ho aggiunto le mie idee, anche ispirate alla lavorazione dei gioielli in filigrana.

Le tue opere d’arte hanno uno spazio di vita relativamente breve, cosa provi nel crearle, mostrarle e vederle finire in un tempo così fugace?
Provo una sensazione di pace, consapevole che l’Arte effimera ha un inizio e una fine, mi emoziona sin dal principio, da quando ho la mandorla in mano e inizio a sviluppare la mia creatività.

Accanto all’arte una attenzione importante all’ambiente. Che prodotti usi, oltre le mandorle, per creare le tue dolci sculture?
Uso esclusivamente prodotti naturali: zucchero, miele e aromatizzanti con bucce di agrumi o di bacche di vaniglia.

Sei giovane, piena di energia tangibilmente positiva, cosa vorresti realizzare nel prossimo futuro riguardo alla tutela dell’ambiente?
Voglio potenziare la coltivazione della Mandorla autoctona sarda, perché è dimostrato quanto sia una pianta resistente. Della mandorla non si butta via nulla: dal mallo si possono produrre coloranti e mangimi, dal guscio si può ricavare combustibile, dalla pellicola che ricopre il seme carta e tessuti, dal seme anche oli essenziali per cosmesi.

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