Art for all Gilbert & George at Brafa 2019

Excellence Magazine intervista l’eccentrica coppia dI artisti sul valore dell’arte.

La 64a edizione di BRAFA, che ha riunito 133 gallerie d’arte belghe e internazionali presso il Tour & Taxis, a Bruxelles, dal 26 gennaio al 3 febbraio, ha dimostrato anche quest’anno, con i suoi 66.000 visitatori, che l’interesse per l’arte è sempre molto alto.
Potrebbe sembrare superfluo sottolineare che l’arte non conosce frontiere, ma in questi tempi incerti, in cui i confini sembrano essere diventati, ancora una volta, una sfida prioritaria per molti paesi, è sicuramente qualcosa che vale la pena ricordare e, ancor meglio, dimostrare. “Art Without Frontiers” quindi, perché Brafa ha sempre puntato su un mix di stili, epoche e origini, facendo dell’eclettismo e del collezionismo creato da stili diversi il suo vero marchio. Questa tendenza è particolarmente apprezzata dai collezionisti e dagli appassionati d’arte di oggi, che amano mettere insieme collezioni dove pezzi antichi, moderni e contemporanei vivono fianco a fianco. “Art Without Frontiers” significa anche un desiderio di mettere in risalto l’arte di ogni continente e di ogni cultura, un messaggio che da tempo è uno dei punti di forza di Brafa. Dall’Africa, dall’America, dal Medio Oriente, dall’Asia o anche dall’Oceania lontana, molti pezzi esposti hanno aperto gli occhi dei visitatori a nuove forme di arte e di espressione, ad altre rappresentazioni e visioni del mondo. “Art for All” è invece il credo alla base dell’Invitation of Honor per Brafa 2019, caratterizzata dalla partecipazione del famoso duo britannico Gilbert & George, rappresentato nell’esposizione da cinque fotomontaggi di grande formato, posizionati in vari punti della fiera. Gilbert & George, riconosciuti a livello internazionale per la loro arte, traggono ispirazione dalla loro vita quotidiana trascorsa nel famoso East End londinese, a contatto con una popolazione cosmopolita non benestante. La loro arte traduce la loro esperienza quotidiana e i temi delle loro opere trattano argomenti come sesso, religione, corruzione, violenza, speranza, paura, tensioni razziali, patriottismo, dipendenza e morte. Il contagioso lato umoristico di Gilbert & George ha portato colore e dinamismo all’evento che mirava a promuovere, più che mai, l’idea che “l’arte è per tutti”, come gli artisti londinesi hanno sempre sostenuto.

Come nasce la vostra arte?
Quando ci siamo incontrati, nel ’69, decidemmo di fare di noi stessi il centro della nostra arte: questo cambiò tutto perché eravamo vivi, provavamo gioia e dolore. Le nostre provocazioni a getto continuo trasferiscono il nostro modo di essere arte attraverso le nostre performance. Ci siamo definiti due “sculture ambulanti”, dagli automatismi ormai talmente coreografati da risultare perfettamente naturali.

Il vostro lavoro nasce dalla costante osservazione di ciò che accade nel mondo. La vostra posizione contro Dio è sempre stata netta. Vi definireste degli umanisti?
George: «Umanisti, sì, libertini. In realtà non abbiamo niente contro la religione. È Dio il problema».
Gilbert: «È la libertà dell’individuo che cambia il mondo, non la religione con le sue parole scolpite nella pietra. L’artista, il creatore, il poeta è libero di cambiare idea e di guardare al mondo ogni volta in modo diverso. Sono gli artisti a dettare quel che succede, e perfino la Chiesa è costretta a cambiare».
George: «La chiesa è trascinata nel futuro, recalcitrante, urlante».

Voi siete “per l’individuo”, piuttosto che per la società.
George: «Non vogliamo dipendere dallo Stato. Vogliamo essere autonomi e indipendenti, siamo spiriti liberi».
Gilbert: «Siamo invece molto socialisti nel modo in cui vogliamo che la nostra arte sia accessibile a tutti. Il nostro motto è “arte per tutti” perché sappiamo che il mercato dell’arte per secoli è stato nelle mani o dei ricchi o della Chiesa. Vogliamo che tutti vedano quello che stiamo cercando di fare, grazie a grandi mostre che dominino lo spettatore».

Una curiosità: dove trovate i vostri abiti dal taglio così perfetto?
Gilbert: «Li hanno fatti dei ragazzi della working class. Proprio così, sono tagliati e cuciti da gente povera».
George: «Se uno mettesse in un computer tutti gli stili di abiti maschili tra il XIX e il XX Secolo per trovarne una sintesi assoluta, probabilmente uscirebbero fuori questi completi».

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