Future Trends in Fashion

Excellence Magazine intervista Carlo Capasa presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana per conoscere il futuro della Moda

L’urgenza della sostenibilità ha portato un cambiamento epocale nel mondo della moda che andiamo a scoprire incontrando Carlo Capasa, Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana.

Oggi, quali sono i principali ruoli della Camera della Moda?
Da quando è nata CNMI rappresenta i più alti valori culturali della Moda Italiana, il suo compito è tutelarne, coordinarne e potenziarne l’immagine, sia in Italia sia all’estero.
Oggi la Camera sta portando avanti una strategia implementata su quattro pillar: sostenibilità, formazione e nuovi brand, digitalizzazione e narrazione.

In tempi di fast fashion, cosa vuol dire eco-sostenibilità nella moda? Consumare meno?
Sì, consumare meno ma soprattutto responsabilmente. E’ nostro compito contribuire a cambiare la cultura del consumo, invitare le persone non solo a comprare di meno ma a chiedersi da dove provengano gli oggetti che acquistano. Qual è la loro storia? Qualcuno ha sofferto per realizzarli? Il pianeta è stato rispettato nei processi produttivi? Oggi è facile informarsi e non si può più far finta di non sapere. Noi come italiani abbiamo una grande responsabilità. In Italia produciamo il 41% dell’abbigliamento di qualità, il secondo Paese dopo di noi è la Germania con l’11%. Tutti i grandi brand vengono da noi a produrre e la filiera italiana è intrinsecamente sostenibile. Questo è un grande vantaggio competitivo che abbiamo, va raccontato meglio e valorizzato.

L’industria tessile è la seconda, dopo quella petrolifera, per inquinamento ambientale. Come può influire la Camera della Moda sulle aziende? Quanto è importante il tema della sostenibilità per le nuove generazioni di fashion designer e consumatori?
Camera Nazionale dalla Moda Italiana ha messo al centro della propria strategia il tema della sostenibilità fin dal 2012. Abbiamo creato un tavolo di lavoro di cui fanno parte le aziende associate (Gucci, Bottega Veneta, Ermenegildo Zegna, Fendi, Gianni Versace, Giorgio Armani, Loro Piana, Max Mara, Moncler, OTB, Prada, Salvatore Ferragamo, Tod’s, Valentino) che ha prodotto diversi documenti di lavoro ad uso del settore. Non solo le nostre aziende applicano i documenti al loro interno, ma con grande generosità hanno messo a fattor comune la loro expertise contribuendo a costruire insieme una strategia sulla sostenibilità. I millennial mettono come primo driver di acquisto il valore della sostenibilità, significa che c’è una grande attenzione a questo valore e una nuova consapevolezza. Questo vale anche per i nuovi designer, che nascono già “sostenibili”.

La CNMI, insieme a Livia Firth, ha creato i Green Carpet Fashion Awards, ormai alla terza edizione. Quali obiettivi ha questo evento annuale, oggi un appuntamento molto importante per la moda italiana e internazionale?
Quando con Livia abbiamo parlato per la prima volta di realizzare questo evento, quattro anni fa, il mondo era diverso. Soprattutto nella moda, che sempre anticipa i tempi, succede tutto molto in fretta. Allora l’esigenza era quella di raccontare l’aspetto glamour della sostenibilità. CNMI aveva già realizzato documenti tecnici, Livia lavorava da anni sul tema portando avanti un importante messaggio. Volevamo far vedere che moda sostenibile non significava indossare un saio e un paio di sandali. Abbiamo creato un evento importante con la partecipazione di stilisti e celebrity che sono venuti da tutto il mondo. Ora la sfida è quella di ribadire che non può più esistere una moda che non sia sostenibile. La direzione è questa, non si può tornare indietro. Dopo il Green Carpet moltissime aziende ci hanno contattato perché volevano partecipare, ma non all’evento ci chiedevano come poter diventare sostenibili, quali passi compiere. Questo è il più grande risultato dei Green Carpet Fashion Awards.

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