Le ferite, quelle sul corpo e quelle nell’anima, ci ricordano un dolore subito. Invece di nasconderle, la filosofia giapponese del Kintsugi insegna a esaltare le crepe, che ci rendono unici e preziosi, oltre che resilienti nella vita.
Nata come arte per aggiustare oggetti di ceramica le sue applicazioni sono molteplici.
Kintsugi significa letteralmente “riparare con l’oro” e rappresenta l’arte giapponese dell’aggiustare le cose rotte impreziosendole, invece di buttarle. Questa filosofia non si applica solo agli oggetti, ma anche alle persone, quando si sentono in qualche modo “a pezzi”.
Richiede un processo lungo e costante, che può essere considerato come una terapia vera e propria.
Scopriamo meglio di cosa si tratta, come funziona e come applicarla nella vita per stare meglio.
Il concetto nasce dalla pratica Kintsugi di riparare i vasi di ceramica rotti con l’utilizzo di oro o argento liquido, o in lacca in polvere. Il termine infatti deriva dall’unione delle parole giapponesi “kin”, che significa oro e “tsugi” che significa riunire, ricongiungere.
Questa tecnica artistica nasce in Giappone nel 1400 da ceramisti a cui si affidò il comandante (o meglio, shogun) Yoshimasa che governava in quel periodo, per riparare una delle tazze che usava nel rito del tè. I ceramisti usarono materiale che avevano a disposizione: la lacca oro chiamata urushi.
L’arte del Kintsugi è una metafora per la vita. La filosofia infatti ha il significato di esaltare le ferite, come punto di forza. Deriva dal concetto zen di resilienza ossia la capacità di rialzarsi sempre e andare avanti nella vita, nonostante gli ostacoli. E così anche accettare serenamente che la vita è effimera ed è importante avere la capacità di lasciar correre, e liberare la mente dalla ricerca della perfezione, che non esiste. Anzi, è dalle sconfitte e dall’imperfezione che si vede la bellezza, nello stesso modo in cui l’oro impreziosisce i vasi rotti.[:]