I misteri di Enrico Vanzina

Dal cinema ai romanzi gialli, Enrico Vanzina, produttore e sceneggiatore cinematografico, racconta, in occasione dell’uscita del suo nuovo libro, la sua passione per la scrittura e le sue storie sulle investigazioni del detective Max Mariani, il protagonista dei suoi gialli, anch’esso con un mistero, tormentato nel privato ma dotato di un’eccezionale lucidità nel risolvere i casi polizieschi più intricati. Abbiamo incontrato Enrico Vanzina in occasione del mese letterario al The View di Lugano dove ha presentato la sua ultima opera.

Luigi Lauro – Sara Rosso – Enrico Vanzina

Lei ha girato centinaia di film, ha mai pensato di portare sul grande schermo i suoi romanzi gialli?
Mi hanno spesso fatto questa domanda, questo romanzo è il terzo di una serie, sono le avventure di un detective romano, che io definisco “molto californiano”. Sicuramente l’ho scritto pensando al cinema, io parto da un’idea che è una definizione meravigliosa del cinema data da Truffaut: “il cinema è la vita dalla quale si tolgono i momenti di noia”. Ecco, è così, immagino la letteratura di questo genere come una scrittura in stile noir, quello che gli americani chiamano hard boy, esattamente così, molto divertente e senza momenti di noia. Tutti i miei libri sono scritti con un taglio molto cinematografico, si potrebbero mettere tutti e tre insieme e fare una piccola saga su questo personaggio. Personalmente non amo molto partire da me, per poi ritrascrivere me al cinema. In questo caso, ho fatto anche troppo, non mi diverte fare di più; quello che volevo fare l’ho fatto in letteratura, non volevo fare un film, volevo fare un libro, non mi diverte per niente l’idea di ridurlo o modificarlo nè di adattarlo se dovesse essere interessante per il cinema E’ già fatto, è così! Per cui aspetto e ho già avuto una serie di proposte interessanti di registi che vorrebbero trarre dai miei romanzi una lunga serie televisiva, è ciò a cui si prestano di più, perché costituiscono una piccola saga, che si conclude con questo libro. Ci sono dei casi in ogni romanzo, il primo “Il gigante sfregiato” è una storia di un cinese a Roma, il secondo “Il mistero del rubino birmano” è una storia di spie un po’ alla Hitchcock, il terzo “La donna dagli occhi d’oro” è un romanzo molto più noir, psicologico. Nello sviluppo delle tre storie si spiega il mistero che c’è dietro al protagonista, si capisce perché questo uomo è così, perché fa il detective, cosa gli è successo nella vita e pian piano chi legge tutto scopre il personaggio.

Cambiando leggermente argomento, nei suoi progetti futuri c’è qualche nuovo film?
Negli ultimi due anni ho girato due film in Svizzera: “Un matrimonio da favola”, a Zurigo, e metà del film “Non si ruba a casa dei ladri”, sempre a Zurigo. Ho riscoperto un Paese che conosco da quando ero bambino perché ho fatto il collegio in Svizzera, ed è proprio per la Svizzera che sono tornato! Adesso invece sto preparando una cosa che mi diverte molto ma il cinema io lo faccio e quindi non voglio parlarne troppo. Sto poi pensando a un romanzo molto interessante perché è un romanzo su Roma, si chiamerà “Una sera a Roma”, un grande giallo su Roma. Il vero mistero però è capire cos’è Roma. Un libro molto impegnativo, sono tanti anni che ci lavoro, se ci riesco, se trovo un po’ di concentrazione finale, spero di concluderlo l’anno prossimo.

Parlando della società di oggi, quali sono le problematiche che più la interessano? È attento? Prende degli spunti?
Ho avuto la fortuna, anche un piccolo talento, ma insomma anche la fortuna, di fare cinema per più di quarant’anni raccontando l’Italia, ciò vuol dire che la cosa che mi interessa di più è guardare l’Italia e non solo, di guardare la gente, guardare i problemi della gente. Il cinema arriva sempre cinque minuti prima del resto, per questo è così importante. Numeri piccoli, in termini di spettatori e di investimenti, però, in realtà, è strategico, nel senso che il cinema capisce un anno prima quello che la televisione racconterà un anno dopo. Poi io ho avuto la fortuna di diventare anche giornalista, certamente un terzo della mia giornata è dedicato a leggere e capire, a leggere non solo libri ma soprattutto capire quello che si muove intorno a noi, se non lo fai non puoi fare questo lavoro.

E a livello politico? Segue la politica? È appassionato?
Moltissimo, con un distacco ormai da scettico antico romano, credo che la mia vita misteriosamente parta duemila anni fa, nella città in cui sono nato che mi ha permesso di diventare cittadino del mondo, perché ormai non mi sento più neanche romano, sono distaccato. È un momento molto brutto che la politica riuscirà a superare solo se noi miglioreremo, perché la politica è lo specchio di noi stessi. Perciò se noi non miglioriamo non migliorerà nemmeno la politica. È un momento confuso, di grandi domande, di grandi sconvolgimenti, il mondo si sta aprendo a problemi universali con cui le nostre piccole regioni non erano abituate a convivere. Siamo di fronte a sfide enormi, la classe politica e tutto il sistema della politica non hanno gli strumenti per risolvere questi problemi. Certamente m’interessa di più la politica a livello mondiale piuttosto che quella italiana che è molto piccola, ripiegata molto su se stessa, poco stimolante, quasi avvilente.

Anche perché i problemi, confrontati a quelli del mondo di oggi, sono molto complessi…
I problemi internazionali un tempo erano molto lontani, oggi invece con la comunicazione sono nostri in cinque minuti. Non ci confrontiamo più con i problemi del Ticino, del Lazio o della Lega o addirittura dell’Unione Europea, ci confrontiamo con i problemi che sono di tutto il mondo, che ci arrivano immediatamente.

Ha una lista di buoni propositi?
Sì, ancora ce l’ho. Sono sempre gli stessi di quando avevo diciotto anni, cercare di fare bene quello che so fare. Il più bel film, il più bel romanzo che uno può scrivere è quello sui rapporti con le persone a cui vuoi bene, questo è importante.

E se pensa al domani cosa vorrebbe per lei, per la sua famiglia e per i suoi cari? Per la società, per tutti.
Che ci sia qualcuno dopo di me che continui a fare quello che ho fatto, come il lavoro che ho fatto seguendo mio padre che lo faceva prima di me. È una specie di piccolo percorso che il destino ci ha messo tra le mani, non lo dobbiamo mollare, come chi ha un negozio artigianale e deve cercare di mantenerlo vivo, in un mondo normale non è facile, mi piacerebbe che qualcuno dopo di me lasciasse dei piccoli segni, così come li abbiamo lasciati noi.

Enrico Vanzina – Mauro Grandi – Nicoletta Gianni
Nicoletta Gianni – Enrico Vanzina – Duillo Parietti
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