Cinzia Catalfamo Akbaraly, una donna per il Madagascar

Abbiamo intervistato, Cinzia Catalfamo Akbaraly, Presidente e fondatrice della Fondazione Akbaraly. Cinzia Catalfamo è nata e cresciuta a Milano, dove si è laureata in Economia all’Università Bocconi. Pochi anni dopo, si è trasferita in Madagascar, dove ha creato la Fondazione Akbaraly, un’organizzazione umanitaria che lavora per migliorare le condizioni di vita nel Paese, con un’attenzione particolare per la salute e il benessere di donne e bambini. Qui, Cinzia ha sviluppato il progetto 4aWoman, il primo progetto sanitario integrato dedicato alla prevenzione oncologica in Africa sub-Sahariana
Cinzia Catalfamo Akbaraly

Abbiamo intervistato, Cinzia Catalfamo Akbaraly, Presidente e fondatrice della Fondazione Akbaraly.

Cinzia Catalfamo è nata e cresciuta a Milano, dove si è laureata in Economia all’Università Bocconi.
Pochi anni dopo, si è trasferita in Madagascar, dove ha creato la Fondazione Akbaraly, un’organizzazione umanitaria che lavora per migliorare le condizioni di vita nel Paese, con un’attenzione particolare per la salute e il benessere di donne e bambini. Qui, Cinzia ha sviluppato il progetto 4aWoman, il primo progetto sanitario integrato dedicato alla prevenzione oncologica in Africa sub-Sahariana.

Cinzia, la tua attività in Madagascar parte 24 anni fa con il progetto Fihavanana, dedicato all’educazione e alla salute dei bambini. Nel 2008 hai dato vita alla Fondazione Akbaraly, per sviluppare progetti umanitari e sociali sostenibili, identificati dalle Nazioni Unite come la chiave per affrontare le sfide globali più urgenti.

Tutto il mondo sta vivendo una situazione di grande emergenza a causa del Covid-19, come state affrontando la situazione in Madagascar?

Noi, grazie alla terribile esperienza italiana, ci siamo preparati all’arrivo del virus prima che si scoprisse il primo caso, circa tre settimane fa.

Abbiamo iniziato con importanti campagne di sensibilizzazioni nei nostri centri sanitari, presso aziende, fabbriche e uffici amministrativi. Ovviamente, inizialmente le persone non erano particolarmente ricettive, in quanto il virus non aveva ancora toccato il Paese.

Abbiamo messo in piedi tutte le misure di prevenzione, sia quelle indicate dall’OMS, sia quelle in uso in Italia. Inoltre, abbiamo utilizzato le piante medicinali del Madagascar, come il ravintsara, sia in forma di tisane che di vaporizzazione.

Il virus è arrivato con un aereo di Air France, con passeggeri positivi, poco prima che il Presidente decidesse di chiudere tutti i voli in entrata in Madagascar. Da quel momento, ogni giorno il governo del Madagascar aggiusta le manovre e le restrizioni sui movimenti delle persone, dei luoghi di incontro, di culto etc.

Ad oggi ci sono circa 100 casi ufficiali, la maggior parte nella capitale e alcuni anche nelle altre città di provincia. Le strutture sanitarie del paese offrono 12 respiratori per la terapia intensiva, di cui 2 non funzionano. Il governo, insieme all’OMS, ha effettuato un importante ordine di macchinari, ma non si conosce la data del loro arrivo.

Noi, come Fondazione Akbaraly, ci siamo messi subito in moto: in aprile era prevista l’apertura di un nostro nuovo centro sanitario ad Antananarivo. Invece, l’abbiamo trasformato in centro di emergenza Covid-19. Potremo accogliere 10 malati alla volta, sappiamo che non è molto ma è già qualcosa. Lo standard delle macchine, di tutte le attrezzature, dei medicinali e del personale non ha nulla da invidiare ad un centro europeo. Tutto è stato fatto in auto-finanziamento, con uno sponsor importante che è il Gruppo Sipromad. Tutto il materiale dovrebbe arrivare in Madagascar verso il 20 aprile e noi speriamo di essere pronti per la fine del mese al massimo.

Ovviamente, speriamo che il centro rimanga vuoto. Ma purtroppo non possiamo prevedere come andranno le cose.

Puoi raccontarci come viene vissuto il lockdown?

Noi non siamo in lockdown totale, ma solo dalle 12 in poi. Ciò permette alla popolazione di sopravvivere, dato che qui la maggior parte delle persone dipende da un’economia di sussistenza. Inoltre, tanti non hanno l’acqua in casa e neppure i servizi igienici. Di fatto un lockdown completo è impossibile in questi paesi poveri.

Si parla costantemente di distanziamento sociale come mezzo, ad oggi unico, per far fronte alla pandemia. Che impatto ha sulla vita sociale nel paese?

Io credo e spero che la popolazione che vive nelle campagne, che è il 90%, del totale, non venga toccata duramente dal virus, in quanto nelle campagne c’è poco contatto tra la gente. La difficoltà rimane nelle città, dove le condizioni di vita della popolazione più vulnerabile non permettono assolutamente di mantenere un distanziamento sociale. Se si esce al mattino, al mercato sembra di essere in un periodo assolutamente normale, dove centinaia di persone si ammassano per vendere e comprare verdure, carne, pesce, riso, in mezzo a cani randagi, oche vive e spazzatura.

Nel maggio 2010, in collaborazione con i Ministeri locali della Sanità e della Pubblica Istruzione, l’OMS, l’Istituto europeo di oncologia di Milano (IEO), rappresentato dal professor Umberto Veronesi, l’Istituto Gustave Roussy di Parigi, e molti altri partner internazionali, hai dato vita al progetto “4aWoman”, dedicato alla lotta contro i tumori femminili e basato sulla prevenzione, la diagnosi precoce, la formazione e la sensibilizzazione delle donne in Madagascar. Un percorso di sostegno e di educazione sanitaria e di sensibilizzazione per le donne e le loro famiglie.

Akbaraly Foundation 4 a woman project

Le strutture sanitarie che avete creato possono essere di sostegno per aiutare la popolazione in questo momento di emergenza?

La nostra struttura al Sud nella città di Fianrantsoa, il Centro Rex, da due giorni a questa parte chiude alle 12, e al mattino riceviamo soprattutto le donne e i bambini coinvolti nei programmi di prevenzione e trattamento della malnutrizione. Abbiamo, per il momento, annullato le missioni dell’Unità Mobile.

cinzia catalfamo, founder and president, with a member of our medical team

Al nord, nella città di Mahajanga, non ci sono casi di Covid-19, per cui il centro lavora normalmente. Credo, tuttavia, che l’affluenza sia diminuita perché la gente ha comunque paura di contrarre il virus. Il centro di Antananarivo, invece, è quello che abbiamo dedicato interamente all’emergenza Covid-19.

Come sta reagendo il Paese, quali misure preventive ha adottato?

Come spiegavo in precedenza, le misure adottate sono le seguenti: chiusura totale dei voli, sia internazionali che interni. Ci sono, ogni tanto, dei voli di Air France che arrivano vuoti per riportare in Europa i cittadini europei che desiderano rientrare.

Le regioni intorno alla capitale ed altre tre città principali sono bloccate, tranne che per le merci. Dopo le 12 inizia il lockdown, tranne per le persone che hanno un permesso per lavoro o per motivi sanitari. Dalle 20 alle 5 del mattino c’è il coprifuoco. Tutte le persone fuori o dentro dagli uffici e dalle aziende hanno l’obbligo di indossare la mascherina.

La struttura economica e sociale degli stati africani vede ancora una parte di popolazione che vive grazie al ricavato del lavoro giornaliero, impossibile da svolgere oggi a causa del lockdown. Qual è la situazione in Madagascar?

Anche se il lockdown, come dicevo, qui per il momento è solo parziale, non si sa per quanto durerà questa fase. Una pesante recessione è prevedibile, così come la possibilità di moti popolari dovuti alla scarsità di risorse, in particolare di cibo. Non ci aspettiamo un bel periodo.

Paura o responsabilità sociale. Come vedi, dal tuo osservatorio, il comportamento delle persone in Italia?

La situazione in Italia mi appare molto confusa. Sono preoccupata perché tutto mi sembra poco chiaro e soprattutto non vedo grandi miglioramenti; nessuno riesce a prevedere quando la situazione potrà realmente migliorare. Mi dispiace molto vedere, attraverso i media, che alcune persone continuano ad uscire, che per Pasqua molti cercano di raggiungere le seconde case.

Rimanere in casa è difficile, lo sappiamo, ma è necessario.

Un’ultima domanda in merito alla comunicazione. Cosa sta facendo il Madagascar per spiegare alle persone come gestire le nuove regole?

Il Presidente parla alla nazione quasi tutte le sere alla TV, e poi ci sono i media più tradizionali, come la radio, e quelli più moderni, come i social media, a cui ha accesso solo una minoranza della popolazione. Temo che quando si verificheranno i primi decessi, la situazione degenererà in modo rapido e insicuro. Immagino un aumento notevole della criminalità e della miseria.

Sicuramente, per una popolazione già così povera, il coronavirus non farà che aggravare la situazione.[:]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Prev
Simona Bertolotto @sissiottostyle, l’Influencer dell’Eleganza Discreta e del Vintage

Simona Bertolotto @sissiottostyle, l’Influencer dell’Eleganza Discreta e del Vintage

Over 45, più di 100

Next
Andrea Albanese, quando l’arte è di casa.
Andrea Albanese ritratto da Giorgio Galimberti

Andrea Albanese, quando l’arte è di casa.

L’arte piace a molti, ma incontrare l’artista nei luoghi in cui vive e lavora è

You May Also Like
Share via
Send this to a friend