Come nasce una passione: l’amore per la scrittura nelle parole di Giorgio Lupo, autore de “La Tana del Polpo”.

Scrivere gialli è un gioco tra lo scrittore e il lettore. Un gioco sottile, ma sempre corretto. Lo scrittore deve seminare indizi, da raccogliere nel finale e false piste per spiazzare il lettore.

Cosa hanno in comune un ossimoro e un commissario di polizia?

Apparentemente nulla, ma se è vero che l’ossimoro è un paradosso apparente e se il commissario risponde all’inusuale nome di Placido Tellurico, ecco che gli elementi comuni vengono a galla.

Stiamo parlando di “La Tana del Polpo”, il giallo dell’esordiente Giorgio Lupo, che si dipana nell’atmosfera provinciale e sonnacchiosa di quella Sicilia che abbiamo imparato ad apprezzare come palcoscenico di crimini efferati nella produzione di grandi scrittori come Sciascia e Camilleri, sino a quelle più recenti di Savatteri.

Una bella sfida per un giovane scrittore, giallista esordiente, competere con conterranei così illustri e famosi! Eppure, mentre ce la racconta, Giorgio appare rilassato, sorridente e un po’ scanzonato, mentre la brezza del bel mare della sua Sicilia gli arruffa i capelli.

Giorgio Lupo

Giorgio, come nasce questa tua passione per la scrittura?

Non credo di aver mai messo a fuoco con chiarezza di avere una vera passione per la scrittura. Per la lettura sicuramente! Sin da bambino sono stato un lettore onnivoro, curioso, che cercava di calmare in questo modo l’inquietudine che è un tratto mio caratteriale costante. Ma è solo da quando ho iniziato a scrivere che questa inquietudine si è parzialmente placata. Scrivere era ciò che mi mancava e mi ha dato quella sensazione di completamento che stavo cercando.

Quando hai iniziato a scrivere?

“Ti potrei dire alle scuole elementari, quando vinsi un concorso per il miglior tema!” -mi risponde sornione Giorgio, e continua” ricordo un Giorgio bambino, orgoglioso del proprio lavoro, diventare furibondo e piangere di rabbia ai commenti malevoli dei professori che non credevano che il tema fosse interamente farina del suo sacco! Quello fu un primo timido assaggio delle gioie e dei dolori a cui si espone uno scrittore. In realtà l’inizio vero della mia attività letteraria risale a 11 anni fa quando, dopo un luglio trascorso a leggere in modo forsennato, ho iniziato a mettere su carta quella che credevo fosse una bella storia.

Che non c’era nessuna storia e non c’era nemmeno ancora la capacità di raccontarla mi fu chiarissimo leggendo i commenti dell’editor cui avevo dato il mio racconto per una valutazione. Eppure, a quel primo disastroso esordio dilettantesco devo moltissimo perché mi ha consentito di conoscere una persona straordinaria, un editor di grande professionalità, Franco Forte”.

Come hai fatto a non demoralizzarti dopo una stroncatura così?

Vedi, ho capito che se ambisci a scrivere devi avere due caratteristiche fondamentali: una grandissima autostima e una grandissima umiltà. È necessario accettare le critiche, i fallimenti, i consigli, ma nel contempo avere dentro la motivazione e l’autostima che ti fanno capire che ce la puoi fare. Negli anni io ho imparato ad incassare le critiche e a seguire i consigli, come quelli che in quella circostanza mi vennero dati: se credi tanto in questo testo, scrivilo da capo! Altrimenti allenati a scrivere, studia, segui corsi e partecipa a contest nei quali ci sia una giuria competente.

Io ho deciso di seguire questo secondo consiglio e ho letto manuali di scrittura creativa, seguito corsi per affinare lo stile e ho inviato alcuni racconti al Writers Magazine Contest, un concorso che ha visto negli anni la vittoria di scrittori che poi sono stati pubblicati e hanno venduto molto. Dopo alcuni tentativi infruttuosi, ho vinto con “A Manacorda” nel 2019 e subito dopo il contest Racconti Tricolore a Pescara. È stato da lì che ho cominciato a crederci sul serio.

“A Manacorda ” è un racconto storico, “La Tana del Polpo” un giallo, cosa ti ha indotto a questo cambio di rotta?

In realtà ho raccolto il guanto di sfida lanciatomi da Vincenzo Vizzini, scrittore Mondadori a cui devo molte delle cose che so sulla scrittura. Ha invitato me e gli altri studenti del suo corso di scrittura creativa a partecipare a Giallo Cattolica, concorso tra i più importanti d’Italia. Non avevo mai scritto gialli e non credevo di esserne capace, ancora una volta la lettura mi è venuta in soccorso. Per mesi ho letto (o ascoltato con audible in auto) solo gialli, cercando di carpirne la struttura, le tecniche usate, le storie raccontate. A quel primo concorso non mi piazzai tra i finalisti, ma qualche mese dopo arrivai terzo a Giallo Piccante, organizzato in collaborazione con Giallo Mondadori.

Quali sono gli ingredienti di un buon giallo?

Scrivere gialli è un gioco tra lo scrittore e il lettore. Un gioco sottile, ma sempre corretto. Lo scrittore deve seminare indizi, da raccogliere nel finale e false piste per spiazzare il lettore. I lettori di gialli sono espertissimi, non si lasciano distrarre quando hanno fiutato una pista, si deve essere molto astuti per riuscire a stupirli con un esito imprevedibile, ma credibile. Bisogna sempre rispettare il lettore, leggendo a ritroso deve poter ripercorrere e trovare le tracce lasciate dallo scrittore.

Cosa c’è nel futuro di Giorgio Lupo scrittore?

Per Giallo Mondadori ad agosto uscirà un mio nuovo racconto con protagonista Placido Tellurico (il commissario protagonista de La tana del polpo N.d.R.).

Mentre, entro dicembre, dovrò completare altri tre racconti che saranno inseriti in altrettante antologie di autori, molti dei quali di primissimo livello e già vincitori del Premio Tedeschi, l’oscar dei romanzi gialli italiani. Grazie a queste storie potrò mettere ancora più a fuoco i personaggi secondari che si muovono attorno a Tellurico. Cosa che ho potuto fare solo parzialmente ne La tana del polpo.

La tana del polpo sta ricevendo delle ottime recensioni. E di Placido si dice che è un personaggio che si distingue dagli altri, con un’identità propria e una sua unicità. Ne sono molto contento.

Il mio sogno nel cassetto è quello di riprendere il racconto “A Manacorda” e di farne un romanzo storico. Ancora sento di non essere pronto per farlo. Sento che sto maturando, mi rendo conto che la mia scrittura sta cambiando, forse presto sarà il momento giusto per ricominciare a lavorarci.

Per ora mi dedico anima e corpo alla mia creatura, il Termini Book Festival, nato lo scorso anno e che si terrà anche quest’anno a inizio settembre a Termini Imerese. Un progetto a cui ho dedicato tutto me stesso e nel quale in molti Mecenati hanno creduto. Li chiamo Mecenati perché tutti i Partner coinvolti condividono lo scopo ultimo del Festival: sposare la cultura e la bellezza, senza il loro apporto il Festival non sarebbe mai nato!

Termini Imerese in quei giorni diventa una enclave di bellezza, ci si scambia esperienze, ci si contamina tra arti diverse, in quei giorni sembra veramente che il mondo possa funzionare meglio grazie alla bellezza e all’arte. Il Termini Book Festival diviene la piazza dove artisti provenienti da diverse strade si incontrano per emozionarci e per emozionarsi.[:]

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