Era il 2019 quando, appena riconquistata la medaglia d’oro, che già gli apparteneva, nei 400 metri stile libero ai mondiali di Londra avevo avuto l’occasione di intervistare un giovanissimo ed emozionatissimo Antonio. Lo ritrovo oggi due anni dopo, reduce dai trionfi delle Paralimpiadi di Tokio, uomo e atleta solido e consapevole.
Sto parlando di Antonio Fantin, classe 2001 un palmares di tutto riguardo ai giochi di Tokio considerando che ha portato a casa a Bibione, sua città natale, ben 5 medaglie tra cui uno splendido oro nei 100 metri stile libero, siglando anche il record mondiale, nonché tre volte campione mondiale e otto volte campione europeo.
Antonio, cosa significa vincere 5 medaglie alle Paralimpiadi, di cui 1 oro, e migliorare il tuo record mondiale per di più?
Quella di Tokio è stata la mia prima Paralimpiade, ho già vissuto esperienze importanti come due Mondiali e due Campionati Europei, ma nulla è paragonabile all’atmosfera, all’emozione, all’ambiente nel quale si vive durante i Giochi. Vivere il gruppo squadra Italia, tanti atleti, tante specialità unite sotto l’unica bandiera, l’atmosfera che respiri e certo anche la pressione mediatica a cui sei sottoposto, che nel mio caso ha avuto però un effetto positivo, rende le gare dei Giochi uniche, assolutamente fuori dall’ordinario.
Una tua collega atleta a Tokio, Ambra Sabatini ha detto: alle Olimpiadi si creano gli eroi, alle Paralimpiadi arrivano gli eroi, tu credi di essere un eroe moderno?
No, non credo affatto di essere un eroe, sono una persona normale che è grata di aver potuto vivere il proprio sogno rendendolo realtà. Sinceramente non vedo enormi differenze tra gli atleti olimpici e quelli paralimpici, entrambi per costruire una performance di eccellenza devono lavorare duro con tenacia e perseveranza. Ci sono differenze, naturalmente, ma se pensiamo alla performance sportiva i due mondi sono sovrapponibili. Per una grande performance bisogna costruire il percorso con fatica, lavoro e impegno e in questo l’eventuale disabilità non conta.
Quali sono stati i due elementi vincenti del tuo percorso sin qui.
Io credo che la differenza vera la faccia il saper credere nei propri sogni e trasformare i sogni in obiettivi, lavorando duro. Una qualità importantissima è poi l’umiltà. E’ l’umiltà che ti consente una volta raggiunto l’obiettivo, il punto massimo, di ricominciare e ripartire verso il costante miglioramento di se stessi. Questo è ciò a cui io punto sempre, prima di tutto in allenamento, per poi trasferirlo in gara.
Stai vivendo a 20 anni il sogno di una vita… che cosa desideri per il tuo futuro?
Cerco sempre di pormi obiettivi di due tipi: a breve e a lungo termine. Gli obiettivi più sfidanti sono sempre quelli a breve, nell’allenamento costante nella piscina di Lignano: mantenere per ogni bracciata una mentalità vincente. L’obiettivo a lungo termine? Beh, ora come ora naturalmente lavorare per poter rivivere il ciclo meraviglioso di 5 anni che ho appena concluso con gli Europei, i Mondiali e poi la splendida avventura delle Paralimpiadi.
Nuoti su diverse distanze, quali sono le maggiori differenze in vasca?
Ho ottenuto ottimi risultati nei 400 stile libero dove hai necessità di una strategia che nei 100 non hai modo di preparare. A Tokyo ho nuotato per vincere sia i 400 che i 100, ma nei 100, pur detenendo il record del mondo, sentivo meno la pressione! Forse questo ha fatto la differenza!
Vedi solo nuoto nel tuo futuro?
Nel futuro prossimo voglio continuare a sognare ripetendo il percorso umano e sportivo degli ultimi 5 anni. Sono stato accompagnato da una grande squadra. In vasca io nuoto da solo, ma dietro di me c’è un grande gruppo. Il mio allenatore, il mio fisioterapista, i miei amici, la mia famiglia. Si vince insieme, anche se sul podio salgo da solo. Un bel percorso da solo non si costruisce è un meccanismo che si auto-innesca e si auto-alimenta. Nel futuro a medio, oltre a voler concludere il ciclo universitario iniziato lo scorso anno, mi piacerebbe diventare imprenditore nel settore della moda. Ma a prescindere dai contenuti, la cosa più importante è continuare a porsi obiettivi. Questa è la vita secondo me.
Tu gareggi per le Fiamme Oro cosa ti ha fatto decidere di nuotare sotto l’egida della Polizia di Stato?
Noi atleti facciamo uno sport che amiamo e ci divertiamo nel farlo, la polizia lavora duramente ogni giorno mettendo a repentaglio la propria vita perché noi possiamo continuare a vivere la nostra! Sapermi rappresentante di tutto questo con il mio sport è per me un grande onore!
A chi hai dedicato la tua medaglia d’oro?
Io sono un tipo molto competitivo, ma vivo la competizione soprattutto con me stesso. Credo di essere il mio più grande avversario e allo stesso tempo il mio più grande alleato.
L’oro vinto a Tokio è stato il realizzarsi di un percorso, ecco perché ho deciso di dedicarla a due persone a me molto care: al piccolo Antonio che, costretto a 3 anni e mezzo da una malformazione arterovenosa ad una riabilitazione in piscina, non voleva entrare in acqua e a mia madre che con costanza ha vinto la mia ritrosia iniziale.
Oggi la vasca è la mia casa e la costanza che queste due persone mi hanno insegnato con il loro esempio e il loro amore, mi ha consentito di cogliere i risultati di cui vado fiero.
Credit: Bizzi/Cip