Creating Shared Value in Fashion, in Bocconi il convegno sulla sostenibilità

Creating Shared Value In Fashion è il titolo di un incontro tenutosi nei giorni scorsi all’Università Bocconi, incentrato sulla sostenibilità e le sue molteplici implicazioni in un mondo, come quello della moda, in cui confluiscono l’alto e il basso di gamma, il ready-to-wear e il fast fashion, e dove la voce di Millennials e Generazione Z, più sensibili alle tematiche ambientali rispetto alle generazioni che li hanno preceduti, si fa sentire più forte.

Creating Shared Value In Fashion è il titolo di un incontro tenutosi nei giorni scorsi all’Università Bocconi, incentrato sulla sostenibilità e le sue molteplici implicazioni in un mondo, come quello della moda, in cui confluiscono l’alto e il basso di gamma, il ready-to-wear e il fast fashion, e dove la voce di Millennials e Generazione Z, più sensibili alle tematiche ambientali rispetto alle generazioni che li hanno preceduti, si fa sentire più forte.

 

Diversi attori sono in gioco in questa fase di profondo cambiamento

ha affermato nel suo discorso introduttivo Francesca Romana Rinaldi, Csr in Fashion & Luxury Coordinator di Mafed Sda Bocconi.

Le imprese, naturalmente, ma anche le università, le startup, i giornalisti e le associazioni: multi-stakeholder che devono impegnarsi per inculcare un modo diverso e migliore di consumare i prodotti di moda e anche per formare una nuova generazione di manager

Rinaldi ha ricordato che, a fronte di consumi di abbigliamento in notevole crescita a livello globale («Si passerà da 62 a 102 milioni di tonnellate dal 2015 al 2030, +63%»), i giovani sono disponibili a pagare di più per i prodotti sostenibili, come sostiene una ricerca di PwC, e il numero di Lohas, ossia Lifestyle Of Health And Sustainability consumer, sta costantemente aumentando attraverso i cinque continenti.

In questo quadro un ruolo centrale è giocato dalla tecnologia, che con l’IoT e l’intelligenza artificiale può definire modelli di business all’insegna della tracciabilità

ha puntualizzato.

Tra i numerosi interventi quello di Matteo Marzotto (chairman di Dondup), che si è soffermato sulla responsabilità che i marchi hanno nei confronti delle persone che li scelgono:

ci vengono chieste informazioni chiare e molta trasparenza, sta a noi garantirle

Chicco Barina, head of designer team per questo marchio, ha aggiunto che

noi stilisti non possiamo più limitarci a disegnare vestiti, ma dobbiamo osservare da vicino il mondo in cui viviamo prima di metterci al lavoro. Sono convinto che la moda possa essere parte di un cambiamento necessario

Simon Giuliani, marketing director di Candiani denim, ha chiarito che un conto è comunicare la sostenibilità e un altro educare a questo stesso valore, il che richiede significativi investimenti da monte a valle della filiera in cui tutti dobbiamo metterci in gioco.

Sara Sozzani Maino, deputy director Special Projects di Vogue Italia, oltre che responsabile di Vogue Talents e international brand ambassador di Camera Moda, ha focalizzato il suo intervento sul ruolo delle testate di moda

in prima fila nell’attivare un circolo virtuoso a supporto della vera sostenibilità

Luca Testoni, fondatore di EticaNews, si è riallacciato al 2010, anno della pubblicazione del suo libro L’ultima sfilata:

da allora tutto è cambiato e i valori della sostenibilità hanno fatto breccia nel mercato, nel consumatore, nelle regole e nelle imprese. Il punto, adesso, è far sì che anche la fashion people abbracci la corporate social responsibility, che altro non è che un nuovo modo di fare business

Marc Sondermann, ceo e direttore di Fashion magazine, è tornato sul ruolo chiave dei mezzi di informazione precisando che devono essere in grado di distinguere tra chi è realmente virtuoso e chi invece pratica un mero green-washing, in un momento in cui il pubblico è sempre più informato sul tema della sostenibilità, cosa che ha portato le aziende della moda a impegnarsi per una maggiore trasparenza nei loro processi produttivi. I piccoli passi nella giusta direzione devono essere incoraggiati, ma anche venire valutati in relazione all’impatto ambientale complessivo di un’impresa.

Chiara Campione, corporate unit head di Greenpeace Italy, ha portato alla ribalta i risultati della campagna Detox lanciata sette anni fa per denunciare l’uso di sostanze chimiche pericolose nell’industria manifatturiera dell’abbigliamento e per lanciare una sfida ai grandi marchi del settore, chiedendo loro di impegnarsi a raggiungere l’impatto zero di queste sostanze entro il 2020.

Sfida raccolta:

sono 80 tra brand e fornitori, dal fashion allo sportswear, fino all’outdoor, al lusso e al retail, che hanno risposto al nostro appello. Molti risultati sono già stati raggiunti, ma non dobbiamo fermarci proprio adesso, in nome di quello che sembra impossibile ma che in realtà non lo è

 [:]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Prev
PITTI UOMO 95: gli highlights di un’edizione ricca di eventi e celebrazioni
Gucci Garden Grafica

PITTI UOMO 95: gli highlights di un’edizione ricca di eventi e celebrazioni

Tra meno di un mese la moda maschile si sposta a Firenze, che ospita, come di

Next
Levante Trofeo: una delle auto più esclusive di Maserati
Maserati Levante Trofeo

Levante Trofeo: una delle auto più esclusive di Maserati

Levante Trofeo è una delle auto più esclusive di Maserati

You May Also Like
Share via
Send this to a friend