The Zone, il libro fotografico di David McMillan su Chernobyl

David McMillan è un fotografo che negli ultimi 25 anni è tornato più di venti volte a Chernobyl e a Pripyat e ha raccolto moltissimo materiale fotografico nel libro intitolato The Zone, portandoci la testimonianza della desolazione della zona di alienazione

David McMillan è un fotografo che negli ultimi 25 anni è tornato più di venti volte a Chernobyl e a Pripyat e ha raccolto moltissimo materiale fotografico nel libro intitolato The Zone, portandoci la testimonianza della desolazione della zona di alienazione.

Era la notte del 26 aprile 1986, quando uno dei reattori della Centrale Nucleare di Chernobyl esplose, distruggendo il tetto della struttura da cui uscì una nuvola di materiale radioattivo che nelle settimane successive provocò la morte di migliaia di uomini e l’evacuazione di oltre 350.000 persone.

In pochi giorni venne circoscritta un’area di circa 30 km2 intorno alla centrale e tutti gli abitanti di quella che poi prese il nome di Zona di alienazione dovettero lasciare le proprie case.

È considerato il più grande disastro nucleare della storia, una vicenda terribile che ha cambiato il corso degli ultimi decenni.

David McMillan, sfidando il pericolo della contaminazione, ci ha portato la testimonianza dell’effetto del tempo su un luogo che poteva andare dimenticato, seppellito sotto il passare degli anni.

Nel 1994, durante il suo primo viaggio all’interno della Zona di alienazione, il fotografo non sapeva cosa avrebbe trovato, poi, però, i suoi scatti ce lo hanno rivelato. L’evacuazione dell’86 fu talmente inaspettata che le persone furono costrette ad abbandonare le case, gli uffici, le scuole e i luoghi pubblici immediatamente, ed è proprio come li hanno lasciati che David li ha ritrovati.

Inoltre, il fatto di tornare con costanza negli stessi luoghi gli ha permesso di immortalare il segno del passare del tempo, che si vede sui muri che si sgretolano, sulla natura che sovrasta campetti da gioco e palazzi, su libri e cartelloni che si deteriorano.

Ma il fatto che gli oggetti e le strutture andranno perse, non vuol dire che debbano essere dimenticate anche le persone a cui appartenevano.[:]

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