Chanel è stato il primo brand, ormai un secolo fa, ad accostarsi alla danza portando la sua rivoluzione ai costumi dei balletti russi. Da allora, i grandi stilisti sono entrati regolarmente nel “laboratorio” della danza per esplorare il corpo e trovare ispirazione in un mondo dove i corpi sono in movimento.
Nella danza, è necessario mantenere lo spirito dell’alta moda e nello stesso tempo soddisfare requisiti di praticità
spiega Philippe Noisette, curatore della mostra “Couturiers de la danse” (“Stilisti della danza”) in corso di svolgimento al Centre National du Costume de scène et de la Scénographie di Moulins, nel centro della Francia.
Tute in jersey, “materiale da biancheria intima” sublimato da Chanel, abiti barocchi di Gianni Versace per La Scala o Maurice Béjart, uniformi da marinaio di Jean Paul Gaultier, tutù quadrati di Viktor&Rolf o tagliati al laser da Iris Van Herpen, passando per le plissettature di Issey Miyake per i balletti di William Forsythe: con 120 costumi, il CNCS rende omaggio a queste prestigiose collaborazioni.
Nel “laboratorio” della danza, gli stilisti di moda devono imbrigliare il loro ego e metterlo al servizio di attori e registi: il costume di scena non deve ostacolare i movimenti né oscurare le coreografie.
I colori vengono cancellati in modo da poter vedere molto di più il corpo, l’emozione viene da là. I body sono tinti del colore della pelle dei ballerini
puntualizza la sarta francese Adeline André.
Per la sarta, le principali costrizioni sono legate al fatto che i ballerini “sudano tantissimo, e quindi i costumi devono essere lavati ogni giorno”, e bisogna fare in modo che i tessuti non si strappino nel momento dell’azione.
Oggi, “la danza è dappertutto, nell’urbanistica, nel cinema… Gli stilisti sono attratti da questo incontro intorno al corpo, da questo universo dell’immediato.[:]