Isabella Zuccoli presenta il libro “I detenuti e il Covid 19”

Abbiamo incontrato la dott.ssa Zuccoli che ha appena pubblicato un piccolo libro intitolato “I detenuti e il Covid 19”, nel quale racconta come è stato vissuto questo complesso momento
isabella zuccoli

Una professione complessa quella svolta dalla dottoressa Isabella Zuccoli, psicologa nella Casa di Reclusione di Milano Opera.

In particolare in un periodo così particolare e inatteso, come quello legato alla pandemia endemica vissuta attraverso le problematiche dettate da convivenze che non possono essere modificate, anche se ci sono regole nuove da rispettare sul distanziamento sociale.

Abbiamo incontrato la dott.ssa Zuccoli che ha appena pubblicato un piccolo libro intitolato “I detenuti e il Covid 19”, nel quale racconta come è stato vissuto questo complesso momento.

 

excellence magazine Isabella Zuccoli

Dottoressa Zuccoli, un libro che sembra un piccolo vademecum di ricordi, scritti per lasciare una testimonianza che non vada perduta.

Come nasce l’idea di questo lavoro?

L’idea di stesura di questo libro è avvenuta palesandosi passo dopo passo.

L’avverbio latino pedetemptim ne racchiude tutta la sua sinteticità.

In questi venticinque anni di lavoro non avevo mai considerato la concreta possibilità di mettere nero su bianco la mia esperienza, i miei commenti, le condivisioni o le mie emozioni che un tale lavoro, così differente da tutti gli altri, mi avevano suggerito.

Certo ai ritrovi con altri professionisti l’informazione del lavorare in carcere promuoveva negli altri un certo interesse, anche solo dettato da curiosità, ma solo in una ristretta “comunità”, potevo  condividerne lo sforzo, responsabilità civili e successi comuni, forse perché lo spazio dell’Istituzione Detentiva può risultare uno spazio lontano e talvolta da allontanare dai canoni più frequenti del lavoro psicologico.

Invece a seguito della pandemia ho trovato e ho voluto cogliere una necessità di mia ulteriore attenzione e di ricerca di introspezione sul senso di questo lavoro, ma anche sul come poter svolgere un lavoro siffatto.

Ho notato anche di quanto le persone, che mi erano vicine, fossero recluse, oppure operatori di ogni grado, avrebbero voluto che potesse uscire una voce che li raccontasse.

Le mie domande hanno ricevuto una risposta spontanea, accogliente e dettata da un’inaspettata  riconoscenza a chi rivolgeva quesiti in tal senso.

Il tutto si è svolto senza intoppi, ad una fase ne succedeva la seguente e a quella, quella dopo ancora ed ecco la realizzazione.

Come è stata vissuta dai detenuti la paura del contagio?

Le due ondate hanno promosso nei detenuti due tipologie di risposte, la prima molto più rivolta a loro stessi:

per alcuni è stata utilizzata la “carta” della salute per poter accedere ai nuovi benefici premiali che avrebbero permesso l’uscita dal carcere, ma per tutti gli altri, il non sapere come si sarebbe sviluppata l’epidemia ha fatto comunque concentrare l’attenzione e le azioni verso loro stessi.

Ricordo che una delle strategie dichiarate vincenti da ogni virologo nella lotta contro il Covid 19 era il distanziamento e l’Istituzione Carceraria è da considerarsi quanto di più antitetico esista a questo.

Il supporto anche psicologico degli operatori è stato quanto mai importante in quella prima fase.

Nella seconda, invece, lo sguardo si è rivolto all’esterno, ai propri cari, nessuno dei detenuti contattati nei colloqui professionali, ha mai più espresso preoccupazione solo per sé stesso, ma per gli altri all’esterno.

Si era ristabilita una struttura aderente con richieste utili e necessarie per quel periodo.

excellence magazine Isabella Zuccoli

Quali modifiche ha potuto notare nei comportamenti delle persone che vivono recluse, ma anche negli operatori, negli agenti penitenziari che prestano la loro opera nel carcere?

La grande paura ha contagiato tanti comportamenti volti ad una maggiore richiesta attentiva per tutti e non solo per i detenuti.

Gradualmente sono stati utilizzati supporti logistici utili per salvaguardare i contatti.

All’ingresso in Istituto tutti dovevano sottoporsi alla rilevazione della temperatura, che ne veniva certificata attraverso i consueti e ormai conosciuti supporti, nel tendone della Protezione Civile – Ministero dell’Interno posto fuori dell’area detentiva, da operatori esterni al carcere.

Inoltre agli operatori è stata consegnata una visiera da apporsi come ulteriore supporto alla mascherina, i locali adibiti ai colloqui hanno avuto dei distanziatori fissi sui tavolini in tutto l’Istituto.

Sono anche stati apposti dei dispenser per l’utilizzo di un disinfettante nei vari spazi legati ad ambiti più privati, ad esempio, all’ingresso dei bagni.

In aggiunta, periodicamente, tutti gli operatori dipendenti o meno, dovevano sottoporsi a tamponatura molecolare e/o antigenica.

In più, ma sicuramente molto importante, si è promossa all’interno della Casa di Reclusione di Milano Opera, una costante partecipazione tra i vari attori, istituendo momenti di riunioni legate alla pandemia: una sorta di continua unità di crisi volta ad una collaborazione che diventerà l’organo decisorio utile anche in futuro, quando la crisi sarà debellata.

In tutte le Case di Detenzione europee una delle regole applicate ha riguardato la sospensione delle visite dei familiari. Che impatto ha avuto questa decisione sui reclusi?

Il grande supporto ricevuto dagli incontri con i familiari durante la vita detentiva risulta essere inimmaginabile per chi è all’esterno da tale realtà.

La preparazione all’incontro sia per i detenuti che per i loro familiari, unitamente ai possibili scambi affettuosi e l’accoglienza della preparazione dei pacchi ricevuti dai detenuti siano essi alimentari che di vestiario risulta essere quel tempo dedicato che lo poteva riportare in famiglia o in una situazione di un “normale” scambio.

Invece con l’apparire del Covid 19 si è sviluppata una condizione egualitaria per tutte le realtà detentive europee, tutti gli Stati hanno disposto, nei vari decreti legge, la continuità di scambio affettuoso, adibendo degli spazi dedicati negli istituti, per la ricezione di video telefonate, ampliandone sia il numero che la durata.

Questo ha permesso di non sentirsi esclusi e di continuare a far parte attiva e fattiva in seno alla propria famiglia.

excellence magazine Isabella Zuccoli

Nel libro analizza le risposte che sono state date dallo Stato, può darci un suo parere in merito?

Lo Stato Italiano ha promulgato un decreto “ Cura Italia” del 17 marzo 2020 che poi è diventato legge nello stesso anno, nel quale emergono tre articoli che si occupano delle realtà detentive.

La pandemia ha messo sotto varie lenti osservative l’Istituzione Carceraria e gli apparati annessi.

Sicuramente per procedere più speditamente nei più squisiti ambiti burocratici sono stati i veri protagonisti sul campo che hanno accolto pienamente le responsabilità e hanno permesso un fluire più snello alla nuova situazione in essere.

Il libro è tutto scritto al tempo presente, una scelta stilistica o una necessità di mettere sulla carta il momento che stava vivendo?

Il tempo presente utilizzato nella scrittura è stato non solo una scelta stilistica, ma soprattutto dovuta ad una visione complessiva legata a quel periodo pandemico, per me considerato unico, seppur con delle piccole variazioni sul tema.

Lo spazio e il tempo intercorso si sono raccolti in un solo ambito che doveva o poteva volgere ad un obiettivo, per me la ricerca di un senso più adeguato, per gli altri?

 

Note dell’autrice:

Isabella Zuccoli psicologa psicoterapeuta e perito del Tribunale di Milano per le dipendenze e l’età evolutiva, consulente di sessuologia clinica. Orientatrice e formatrice per le tematiche di gruppo.

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