The Iron Lady

Cate Blanchett si racconta attraverso i ruoli che più ha amato.

Diafana, elegante nei modi, gentile nei pensieri e acuta nelle osservazioni, Cate Blanchett è la personificazione del detto “la classe non è acqua”. A renderla nota al grande pubblico sono bastati pochi ruoli, ma da regina, come in Elizabeth ed Elizabeth: The Golden Age o nella trilogia de Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit.

Oggi, è una delle attrici più richieste di Hollywood, con otto candidature all’Oscar e due vittorie (per il ruolo di Katharine Hepburn in The Aviator di Martin Scorsese, e per la “sua” Jasmine in Blue Jasmine di Woody Allen).

Quali sono i ruoli di cui conserva un ricordo particolarmente intenso?
“Uno è sicuramente Lady Marion in Robin Hood di Ridley Scott. Russell Crowe interpretava Robin Hood… Quante risate ci siamo fatti! Ci conosciamo da sempre e questo ci ha permesso di rendere la storia ancor più credibile. Noi australiani non siamo gente complicata, nel senso che non ci prendiamo troppo sul serio”.

“Inoltre, sono legata al ruolo che ho avuto in Io non sono qui di Todd Haynes. Ero una sorta di clone di Bob Dylan, con tanto di capelli arruffati, occhiali da sole e basette. Volevo essere Dylan, volevo diventare lui. E ci sono riuscita. Il trucco fa miracoli. Ti guardi allo specchio e non ti riconosci più. All’improvviso trovi riflessa un’altra persona. Non avevo mai provato una tale sensazione… sullo schermo sono riuscita a dar vita al mio Bob”.

Cosa deve avere un personaggio affinché nasca in lei il desiderio di interpretarlo?
“Ti racconto un aneddoto: un mio insegnante di recitazione, anni fa, a Melbourne, mi ha fatto notare che il compito più difficile per un attore è quello di pronunciare le parole di un altro senza problemi, come fossero sue. Perciò un personaggio deve mettermi voglia di diventare lui, di dire quelle parole, di pensare quelle cose. Bisogna trasformarsi nel personaggio e dimenticarsi di sé. Ci sono circa cinque secondi, prima di arrivare sul palco o sul set, che costituiscono un momento evanescente in cui bisogna lasciare ciò che si conosce – la propria vita, la propria persona, la propria fisicità, tutto quello che si sa e si è – per entrare nella zona sconosciuta della vita non reale”.

Che sensazione si prova?
“È una strana sensazione, difficile da descrivere. È comunque molto liberatoria, perché ci si può permettere il lusso di vivere la vita di un’altra persona. Per fortuna il mio volto è malleabile e si presta alle metamorfosi. Non è solo questione di trucco. Risiede tutto nel profondo desiderio che ho di sparire dentro a ogni personaggio. A volte non mi riconosco… E allora capisco che sono sulla strada giusta, perché sono vicina alla mia cancellazione”.

Quando ha capito che recitare era il suo destino?
“Da ragazzina. Sono riuscita a ottenere un piccolo ruolo a teatro: appena sono salita sul palco ho compreso che quello era esattamente il mestiere che avrei voluto fare”.

Che rapporto ha con la bellezza?
“Se ti riferisci al tempo che passa, allora ti rispondo che ho un rapporto sereno. Ho 54 anni e trovo naturale che il tempo lasci le sue tracce, che la vita segni il mio volto, il mio corpo, la mia anima. La vita può regalare tante gioie e soddisfazioni se si sanno cogliere, ed è bello che queste possano leggersi negli occhi”.

Ma chi è veramente Cate Blanchett?
“Cate è una donna, una moglie e una mamma. È anche un’attrice”.

C’è, nel suo cuore, un ruolo preferito?
“Oh, sì”!

E sarebbe?
“Quello di mamma”!

Barbara Zorzoli

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